50 anni e non sentirli!
Dal 6 al 10 ottobre 2021, nella Sala Filoxenia, abbiamo festeggiato i primi 50 anni del CEST: incontri, film, una mostra fotografica, video sulle nostre attività e molto altro ancora. Un bel via via di ospiti, vecchi e nuovi, non tanto per celebrare il passato quanto per parlare di futuro. Perché, le esigenze delle persone con disabilità e delle loro famiglie sono mutate nel tempo e attendono risposte sostenibili, ma innovative, in linea con il cambiamento della società, della normativa, della concezione e della percezione della disabilità sul territorio regionale e nazionale. E sono tutte risposte urgenti.
È stata significativa la partecipazione di volontari dei primi anni del CEST: persone che hanno testimoniato l’influenza nella loro vita dell’incontro con la disabilità attraverso l’associazione. Dopo questa esperienza hanno intrapreso altre importanti strade. Ne ricordiamo alcuni, riportando le loro parole. Livia Amabilino, presidente de La Contrada: il CEST è stato il mio primo ingaggio, un’esperienza umana importantissima, fondamentale in tutta la mia vita, che mi ha fatto crescere come persona Andrea Avon, insegnante elementare e preside: tre mesi da educatore in via Franca, là è scattata la scintilla che mi ha fatto capire quanto fosse importante l’intervento educativo e ho deciso di diventare maestro elementare Angelo Baiguera avevo smesso di giocare a basket e il CEST mi offrì di fare un corso di pallacanestro per i ragazzi. Evviva il CEST come esempio di inclusione e integrazione! Giovanna Botteri, giornalista: ho lavorato nelle vacanze estive. I ragazzi con i quali ho avuto l’onore, il privilegio, la fortuna di lavorare mi hanno insegnato a capire il mondo, ad ascoltare. Una lezione di vita che non ho più dimenticato, di cui continuo a essere, e per sempre, debitrice.
Gabriele Centis, Scuola di Musica 55: quasi quarant’anni fa, in un posto molto speciale che era la Casa del Giovane a Valmaura. Per noi giovani è stato un periodo molto formativo. Ringrazio il CEST per quello che mi ha portato come crescita personale. Nicoletta Costa, autrice di libri per bambini: avevo vent’anni, i miei amici del cuore avevano creato il CEST. Un’estate sono andata in campeggio con due ragazzi, uno non proprio giovanissimo, e, accompagnandolo ai bagni, si è tolto la dentiera e l’ha spazzolata con energia davanti ai turisti tedeschi. Andrea Gardini, fondatore di Slow Medicine: è stata un’esperienza che non riesco a dimenticare. Renato Sarti, attore, drammaturgo e regista: il mio ricordo del Palutan, primo contatto con persone con problematiche, di pari passo con la Compagnia Teatrale dell’Ospedale Psichiatrico. Eravamo anche noi ragazzi, a quel tempo un po’ strani, rispetto a quella che era la normalità. Da lì in poi la mia vita è cambiata. Viviana Valente, giornalista: un ambiente speciale, sapevamo che migliorare la vita dei ragazzi avrebbe significato migliorare la società. Mario Zucca, maestro elementare: un’esperienza importante, coinvolgente, formativa che mi è servita anche per il lavoro successivo di insegnante. Con la patente D ho guidato il pulmino, dove si cantava moltissimo, inventando canzoni come “Il giallo Pulmin”, sulle note di “Yellow Submarine”. Silvia Zetto Cassano, insegnante elementare e scrittrice, ci ha regalato, per il nostro 50°, il racconto “Gli anni ariosi” in cui ripercorre la sua storia di maestra con una bambina particolare e la memoria della serigrafia di via Cereria, testimoniata nel libro del CEST “Il Castello degli Ebetunscoli”, curato da lei insieme a Walter Matino. Anormale, Subnormale. Ritardato. Un tululù, si diceva in dialetto, la definizione aveva un che d’affettuoso. Si tolleravano, i tululù. A patto che non disturbassero e stessero nelle righe. A scuola c’era il desiderio di toglierseli di torno. Le classi differenziali erano fatte apposta. Negli anni Cinquanta e per parte degli anni Sessanta erano un’alternativa molto praticata. C’erano meno alunni, si diceva, erano più curati. Avrebbero recuperato il ritardo, si diceva. E poi c’erano gli altri, quelli proprio gravi. Non varcavano nemmeno il portone della scuola. Non ci si pensava nemmeno. Per loro c’erano contenitori appositi. Non ne mancavano nemmeno a Trieste. Roberto Weber, presidente Ixè, ho avuto la fortuna di intercettare gli uomini, le donne e naturalmente i ragazzi che facevano parte del CEST verso la seconda metà degli anni 70 e ho imparato. Ho imparato molto di più che in tutte le esperienze lavorative successive. Si trattava allora di un gruppetto relativamente esiguo di persone e di famiglie, ma possiamo ben dire, come si disse a proposito dei piloti inglesi durante la battaglia di Inghilterra, che raramente ‘così tanti furono debitori a così pochi’. E fra i debitori mi ci metto senz’altro anch’io. Helen Brunner, psicologa psicoterapeuta, storica collaboratrice del CEST fin dai suoi primi passi, ha contribuito in modo significativo alla messa in scena degli eventi per il nostro cinquantesimo compleanno.
Pubblicato il 18/9/2021